Nelle rappresentazioni del Giudizio Universale i demoni cercano di far pendere il piatto della bilancia di San Michele a proprio favore, per impossessarsi delle anime; nelle immagini dell'Apocalisse unserpente viene invece gettato nell'abisso da un angelo. Figure demoniache si incontrano di tanto in tanto nelle nostre chiese, raffigurate su pale d'altare ma soprattutto in antichi affreschi. Creature che assommano caratteristiche in parte umane e in parte bestiali, interpretate molto liberamente dagli artisti, sono un elemento che può comparire isolato o in gruppo, comunque compensato da figure appartenenti alla sfera celeste. Un'immagine mostruosa molto singolare per l'aspetto funesto ed una certa fantasiosità è presente nella chiesa cimiteriale di San Pietro Vecchio a Favria. Ascrivibile approssimativamente al primo Trecento, è affrescata su una parte del sottotetto, sulle antiche strutture dell'edificio romanico poi rimaneggiato in epoca barocca. Si tratta di una scena frammentaria che proseguiva nella parte sinistra e in quella sottostante, come indicano le tracce di colore visibili al pianterreno, nella navata destra vicino alla cappella della Madonna delle Grazie. Il demonio di Favria non sembra rientrare affatto nelle categorie comuni di mostri. non ha la testa umana, ma non è Cerbero ne altri mostri che ugualmente hanno caratteri deformi ben identificabili, come ilMinotauro, l'Ippocampo, la Chimera e il Grifone. Non è neppure la bestia delle sette teste dell'Apocalisse, generalmente simile a una pantera con le zampe da orso e la bocca simile a quella di un leone. Siamo di fronte a un mostro anomalo, dall'aspetto quasi caricaturale, quadricefalo e di cui rimane nascosta la sua parte inferiore. Particolarmente orribili sono le quattro teste di cui una sul petto e un'altra all'estremità della presunta coda; ognuna di esse è dotata di corna, di un naso pronunciato, di occhi color ocra, di bocche con mandibole da cinghiale e da cui fuoriescono lingue di fuoco. Ostenta tutta la sua ira contro chi lo ha abilmente incatenato attorno al collo e ai fianchi ma ormai è prigioniero. L'autore di questa eccezionale figura demoniaca deve aver avuto presente modelli che al momento sfuggono, oltre a possedere una buona inventiva. Potrebbe aver attinto da qualche manoscritto miniato più che da dipinti murali, poiché anche solo in Canavese non sono mai stati trovati esempi analoghi. Questa è senza dubbio un'opera suggestiva e comunicativa: un chiaro monito per i fedeli dell'epoca. E' credibile che tale rappresentazione abbia in qualche modo ispirato l'artista che, circa due secoli dopo raffigurò il diavolo trafitto e calpestato da San Michele, su una parete al piano terreno della stessa chiesa. Questo mostriciattolo alato risponde a un'iconografia più consueta, ma anche esso non cela caratteri grotteschi al pari del suo antenato.