Sul territorio di Favria erano presenti la diocesi torinese alla quale, per mezzo della giurisdizione plebana di S. Genesio di Corio Canavese, appartenevano le chiese di San Michele, S. Margherita e S. Pietro di Loeza e la diocesi d'Ivrea che possedevano la chiesa di S. Pietro "de Peza", nell'ambito della pieve di S. Cassiano di Rivarolo, oltre la cappella di S. Maria "de Similate", canonicamente unita a S. Pietro ma ubicata in regione diversa. La località di "Peza" fu probabilmente un antico villaggio, poi scomparso, i cui abitanti finirono per confluire, per maggiore sicurezza, in Fabrica. Da notare che nelle visite pastorali del XVII - XVIII sec. troviamo citato questo cognome che ricorda ancora l'antica località. La chiesa di S. Pietro, oggi cappella cimiteriale, fu la primitiva parrocchiale del luogo. Nel 1647 in occasione delle visite pastorali viene citata "in regione dicta Sncti Petri [...] Ista ecclesia erat ollim parochialis antiqua S.ti Petri loci Fabriacae; prout abduc viget memoria plurium parochianorum viventium". Nel 1699 si parla di una "visitatio ermitorii, alias parochialis antiqua S.ti Petri". Il Bertolotti la descrive così: "Esiste ancora oggi una chiesa , detta S. Pietro vecchio, con cappella interna antichissima, avente affreschi del 1400, la quale credesi il nucleo della parrocchiale primitiva, e sta vicina al camposanto...". L'attuale chiesa parrocchiale di Favria, risalente al XVIII secolo, è dedicata a S. Michele Arcangelo (perpetuando il S. Michele "in castro" già diocesi torinese) ed ai SS. Pietro e Paolo, derivante dall'antica dignità di S. Pietro "de Peza". Del primitivo edificio romanico ci resta la zona presbiteriale ed il campanile mentre il resto della costruzione è stato trasformato in epoca barocca a tre navate. All'interno dell'abside semicircolare si conserva un ciclo di affreschi dedicato agli Apostoli, con nella calotta il Pantocratore contornato dai simboli degli Evangelisti e attribuito (non concordemente) a Domenico della Marca d'Ancona. Qualche provvidenziale caduta di frammenti d'intonaco degli affreschi quattrocenteschi ha riportato in luce tracce di lavoro di epoca più antica, riconducibile al periodo romanico ma troppo esiguo per una sicura datazione e ancor più attendibile attribuzione. A prima vista una partenza d'indagine, con ogni possibile cautela, sembrerebbe ravvisabile con alcuni elementi pittorici del ciclo di S. Michele in Clivolo di Borgo d'Ale. L'esterno dell'abside, visibile nel sottotetto delle strutture aggiunte verso levante, risulta scandito in tre campiture da larghe lesene separate da coppie di archetti pensili ad ampio raggio. E' visibile sul lato a sud anche una rozza monofora mentre la copertura dell'emiciclo risulta composta in gran parte da frammenti di tavelloni romani e abbondante malta, assai simile all'abside centrale della Sacra di S. Michele della Chiusa, come si è potuto vedere in occasione dei restauri. Il campanile, annesso a nord est, appare oggi di cinque piani ma con la cella campanaria rifatta. Conserva nei piani inferiori serie ternarie di archetti pensili racchiusi entro larghe paraste d'angolo. Delle originarie aperture sono visibili alcune feritoie ed una sola monofora sul lato a sud, mentre le rimanenti sono state tamponate. Il tessuto murario appare piuttosto rozzo, costituito da pietrame frammisto a laterizio. Possiamo azzardare di attribuire la costruzione dell'abside ai primi decenni dell'XI sec., mentre per il campanile si può definire un privilegiato contenitore di esempi pittorici che vanno dalla fine dell'XI sec. sino al '600.