Via Barberis mi sembra si chiami. Percorro a piedi il tratto antistante l’imponente edificio del comune, attratto e ammirato dall’immenso cedro del Libano che svetta maestoso sugli altri alberi. Un piccolo capannello di gente staziona all’angolo dell’edificio. Mi dirigo verso questa vociante folla, lasciandomi guidare dalla curiosità. Intravedo un manifesto. Capisco che è l’oggetto di tanta animazione. Fendo il gruppo attratto anch’io da quel foglio di carta, che facendo bella mostra di se, tra molti altri anonimi e sbiaditi volantini di discoteche, supermercati, maghi e solarium, con enfasi annuncia per oggi 7 settembre e per il resto del fine settimana, la Festa di San Grato. Già oggi è San Grato e qui, da queste parti, qualcuno si ricorda di lui. Penso che quasi mai mi ricordo del mio onomastico e la mia ammirazione per queste persone, che lavorano per un uomo divenuto poi santo, aumenta. La locandina annuncia che per stasera il complesso vocale “EN CLARA VOX” esegue un concerto di musica sacra nell’antica chiesa di San Pietro Vecchio. Mi dicono che la chiesa è nei pressi del cimitero ed è un antico e nobile edificio che custodisce preziosi affreschi del XV secolo. La curiosità si è impadronita di me e decido di andare a questa festa, attratto anche dalla possibilità di nutrire non solo l’orecchio, ma anche la vista. Stravolgo così i miei programmi e decido di fermarmi a Favria. Poco oltre le 21 sono sul sagrato della chiesa. Intravedo all’interno gli affreschi ben illuminati e rimango affascinato dalle figure affrescate dei santi, sui quali campeggia il Cristo Pantocratore. Entro con lo sguardo rapito e prendo posto su uno dei banchi della chiesa, ma non scelgo quelli della navata centrale. L’istinto mi porta a sedere nella navata di destra. La scelta si rivela provvida perché scopro altri affreschi. La Madonna col Bambino e i Santi in adorazione - noto che l’affresco deve aver subito delle mortificazioni durante la sua lunghissima storia. E poi altri affreschi ancora. Un S. Michele e S. Pietro. S. Anna con la Madonna e il Bambino. Una bella Pietà è di fronte a me – la mia vicina mi spiega che è una delle ultime scoperte. Uno dei coristi con il compito di guidarci alla comprensione dei brani, spiega che il loro repertorio è frutto di un’accurata ricerca fatta nelle chiese del Canavese, per recuperare e svelare a noi contemporanei i misteri della musica sacra canavesana. E’ la serata delle scoperte mi dico! Le prime note mi fanno socchiudere gli occhi e godo di questa misticità. Quale condizione migliore di godere queste figure se non portati per mano da un coro di canti sacri. Seppur con brevi intoppi il concerto scivola via e la sua conclusione mi riporta allo stato terreno. La mia sublimazione si ricompone e si rimaterializza in ciò che c’è in un paio di pantaloni, due scarpe e una polo: cioè io. Vorrei stare ancora qui per completare il processo di “ricomposizione”, ma a forza vengo trascinato fuori. Non è forza fisica che mi trascina, ma voci concitate di qualcuno che continua la festa fuori. Mi accorgo di essere solo ormai. A fatica guadagno l’uscita e vedo donne e bambini che si aggirano indaffarati tra la gente con in mano guantiere e cestini pieni di biscotti. Sono i biscotti di San Grato, mi dice ancora e sempre la stessa signora, che evidentemente deve essersi accorta che sono “foresto” e poco conoscitore della zona. Ne mangio qualcuno. Sono tutti molto buoni e chi me li offre aspetta da me un giudizio. Si capisce che ognuno ha dato il meglio di se, perché la circostanza è importante e lo richiede. Apprezzo queste leccornie e ringrazio per la semplicità e il trasporto con la quale vengo “suagnato”. Mi dicono che non posso mancare anche alla festa di domani. Confermo alle persone che mi circondano, che domani sera sarò di nuovo qui ad assistere all’INCANTO (chissà se a loro interessa che sia di nuovo qui domani).
Sabato 8 settembre. La data mi ricorda un momento drammatico della nostra storia passata. Ma non faccio in tempo a lasciarmi prendere da pensieri non certo piacevoli, perché assisto al levarsi in volo di una mongolfiera. Penso sia la “mongolfiera ufficiale” visto che porta i colori della bandiera italiana. Col naso all’insù mentre ancora la vediamo diventare un puntino e mentre mi chiedo a chi finirà in testa, nel piazzale antistante la chiesa danno fuoco ad un’enorme pira. Il fuoco in breve avvolge tutto il legname ammucchiato. Le fiamme alte diversi metri creano lunghissime e spettrali ombre sugli edifici circostanti. Il rosso dei mattoni della facciata di San Pietro diventa ancora più fiammeggiante. Lo spettacolo di una catasta di legna che brucia possiede un misterioso fascino e un forte potere rievocativo. Penso a quando un tempo, non tanto lontano poi, la popolazione si riaccoglieva intorno e aspettava paziente, mentre raccontava ai più piccoli storie di streghe e fantasmi terrorizzandoli e con una sicura notte in bianco da trascorrere, la fine del fuoco per raccogliere la brace da portare a casa. Almeno per quella sera il combustibile per scaldarsi e far da mangiare era gratuito. Quando ancora le fiamme si levano alte sulla catasta, davanti alla chiesa inizia l’Incanto dei prodotti messi a disposizione dai commercianti di Favria e dagli abitanti del borgo San Grato. La “guida” artistica di ieri sera mi riconosce e mi invita a partecipare all’asta, assicurandomi un sicuro divertimento. Isabella, questo è il suo nome, mi fa notare la ricchezza dei beni messi all’asta. Mi incuriosiscono le tante trecce d’aglio e l’accanimento della gente nel tentativo di accaparrarsene qualcuna. Isabella mi spiega che è omai una tradizione che si ripete da anni. Ma forse c’è anche qualcosa di scaramantico che viene da lontano. D’altronde si sa che l’aglio tiene lontano vampiri e demoni, oltre che essere il principale ingrediente della “bagna caöda”. Penso all’alito pesante che lascia e al vuoto che si crea intorno l’indomani mattina. Forse qui a Favria amano particolarmente il blasonato piatto piemontese, oppure vogliono tenere distanti gli “scoccianti” con una robusta alitata. Forse amano entrambe le cose. Antonio, è il nome dell’affabulatore, aiutato da Rosaria e Adriano, ben piazzato sul pianale del carro tra i beni messi all’incanto, tiene alta l’attenzione degli astanti affibbiando al migliore offerente bottiglie di vino, pasta, salami, ma soprattutto aglio. Tanto aglio. La serata scorre via. Anch’io rimango vittima del terzetto e compro per dieci euro un gioco di società abbinato ad un pacco di spaghetti. Mah! E’ una combinata davvero strana. Isabella, ancora e sempre lei, mi dice che l’indomani debbo esserci perché c’è l’estrazione dei premi e detto questo, mi molla venti biglietti della lotteria. Venti euro che volano via dalla mia tasca! Comincio a pensare che la sua guida non sia del tutto interessata. Comunque sto al gioco e decido di essere qui anche domani alle 16.00.
Domenica 9 settembre. E’ un bellissimo caldo pomeriggio. Arrivo in tempo per assistere all’uscita della statua di San Grato, portato in processione per il paese. La banda musicale di Favria accompagna il lento incedere della folla preceduto dal baldacchino con su il santo, portato da sei uomini, tra i quali Gustavo e da Adriano in cravatta – l’eleganza si sa che mai deve scendere a compromessi; me li indica sempre Isabella perché ritiene giusto che io conosca qualcuno del Comitato di San Grato, coloro i quali si sono prodigati per organizzare questa festa. Tra i musici riconosco Luca. Un’imprecazione muore tra i denti. Era la persona che due giorni prima avrei dovuto incontrare in Comune per proporgli un’iniziativa culturale. Ecco perché mi trovavo a Favria venerdì. Questa festa mi ha completamente scombinato i piani. Sarà bene che domani lo richiami per fissare un nuovo appuntamento. Intanto accaldato e affannato scende dal campanile Franco. Al posto di Enrico ha battuto sulle campane come un forsennato. Presto un bicchiere d’acqua! Nel frattempo tutto il gruppo vorticosamente ammucchia e dispone in bella mostra i ricchi cotillon in un angolo del sagrato. Dall’altra parte su di un tavolo Assunta vigila attentamente la sistemazione dei panini – sento il profumo penetrante delle “anciue al vert” – e delle bibite offerte a tutti dal Comitato. Sul vialetto laterale del cimitero si svolge un vero campionato di “ruzzola” con tanto di regolamento, arbitro e assistente di campo. Emilio smista i numerosi partecipanti al lancio del rotolo di legno. Fosse stato pecorino da lanciare avrei giocato anch’io. Finalmente il gran momento giunge. L’estrazione dei numeri, come quella che si vede in televisione, viene fatta dai bambini che subito li consegnano ad Antonio. Mi cerco un posto all’ombra del portico perché il sole picchia ancora. I numeri vanno via uno alla volta. Ma i miei non escono. Sino alla fine spero, ma invano. Invece qualcuno a raffica ne vince due di premi. Sottovoce mi dicono che è il Sindaco. Un nuovo improperio mi si spegne tra la lingua e il palato. Comunque è fatta. Anche per il 2007 San Grato è stato brillantemente festeggiato. Torno a casa senza premi, con un appuntamento mancato e con venti euro in meno in tasca. Ma ne è valsa la pena. Per qualche ora ho potuto riassaporare un divertimento semplice ma sano. Per un po’ sono ritornato bambino e la mia mente è andata indietro. Fermo! Non voglio andare avanti così con il rischio di scivolare verso il patetico e il lacrimevole. Questi giorni li voglio ricordare senza guardare troppo al passato. Però una cosa non l’ho capita e sarà meglio che Isabella me lo spieghi meglio il prossimo anno: ma di tutto quell’aglio che se ne fanno!